Cenni storici di Montemitro

Altre notizie riguardanti Montemitro, di epoca anteriore alla venuta dei croati: «Talenasius filius Sagnalis Domini Montis Mituli» (aa. 1150-1168) «Mons Mitulus» (aa. 1269-70; aa. 1278-79), «Archipresbiter Montis Mituli» (idem, a. 1325), «Clericis Montis Mintuli» (episcopatu Termulano, a. 1328), «Clerici Montis Mileti» (idem, a. 1328). Nei Cedolarii del 1320 viene ricordato come «Mons Mitulus», più tardi come «Monte Mitulo», «S. Lucia di Monte Mitulo» e ancora come «Monte Mirto». Mons. Ferrante, come vescovo di Termoli (1569-1593), nei suoi viaggi pastorali ci riferisce notizie riguardanti la piccola comunità di «Montemitolo». E' pienamente condivisibile la teoria esposta da Marcello De Giovanni che fa derivare «Montemitro, semanticamente affine al tipo Monte Mucchia in quanto risalente a metulus per metula dim. di méta "ogni figura conica o di piramide", "mucchio, cumulo, bica", "méta, colonnetta, termine, fine"». Ciò discende evidentemente dalla morfologia dell'antico nucleo urbano.

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Montemitro

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Nell'Appennino molisano, costruiti sulla cima dei colli, dormono tre paesi con circa tremila abitanti di origine croata che ancor oggi parlano l'idioma dell'antica patria. Esistono opinioni divergenti riguardo al periodo della nostra trasmigrazione e ai motivi che hanno condizionato l'immigrazione slava in Italia meridionale. A titolo puramente esemplificativo citerò qui alcune tesi. Nell'articolo "Slavenske riječi u Apeninima" (Frankfurter Allgemeine, n. 212 del 13.11.1969) Johann Georg Reissmüller ritiene che i nostri avi all'inizio del XVI secolo siano fuggiti dalla Dalmazia e più precisamente dalla foce della Narenta, in seguito all'invasione turca e, attraverso il mare, si siano stabiliti nel territorio molisano allora non abitato. Nell'articolo "Woher die südslavischen Colonien in Süditalien" (Archiv für slavische Philologie, XIV, pagg. 78-82, Berlin 1892) Josip Aranza sostiene, basandosi sulla lingua dell'antica letteratura croata e sul linguaggio croato-molisano, che i croati del Molise provengano dai dintorni di Zara. Nel libro "Rotas Opera Tenet Arepo Sator" (Roma, 1950) Teodoro Badurina espone una tesi diversa. Studiando le particolarità del linguaggio croato-molisano, giunge alla conclusione che i croati del Molise siano originari dalla regione stocavo-morlacca dell'Istria meridionale.

Anche Mate Hraste, insigne linguista, questa problematica. Nei "Govori jugozapadne Istre" (Zagreb,1964) a pagina 33 testualmente scrive: "(...) In questa occasione la popolazione di questa fertile zona dell'entroterra da Zara a Sebenico è immigrata in diverse direzioni. Una parte si è stabilita in Istria, un'altra si è fermata stabilmente nelle isole prospicienti Zara, e un'altra ha trovato riparo nella regione Molise, suddividendosi in diversi villaggi". Poco dopo continua: "L'idea di Badurina che i croati dell'Italia meridionale provengono dalla regione stocavo-morlacca dell'Istria meridionale non è attendibile, perché è più naturale pensare che i croati della Dalmazia siano emigrati in Italia attraverso il mare Adriatico che non attraverso l'Istria, nella quale si sarebbero dovuti fermare per qualche tempo". Come rileva anche Giacomo Scotti (Z one bane mora, Rijeka, 1980) pensa: "L'opera più monumentale sugli slavi dell'Italia è nata nell'anno 1911 per opera di Milan Rešetar, studioso di fama mondiale, scritta per la commissione per i Balcani dell'Accademia viennese, sotto il titolo di: "Die Serbokroatischen Kolonien Süditaliens". Non voglio addentrarmi oltre questo difficile cammino: sarebbe mera ripetizione di nozioni a tutti conosciute.

Siccome attraverso tanti secoli nessuno ha curato il linguaggio e tantomeno conservato attraverso la scrittura, esso si è atrofizzato, di contro, parti del linguaggio italiano, sono assoggettate alla grammatica antica croata (per esempio: Gredem s maginom). Comunque non è il solo motivo della nostra mescolanza tra croato e italiano, quello del lento trascorrere del tempo che ha portato con se l'oblio dell'antica parola. Ci sono stati periodi storici in cui i croati molisani sono stati costretti a dimenticare, o almeno a reprimere, la lingua dei propri avi, a favore della italiana. In ultima analisi, l'importanza primaria, per la nostra comunità alloglotta, è senza dubbio, la conservazione della lingua, proponimento, che è una sorta di osmosi con tutto quel fenomeno di inizio secolo, noto come "Nacionalni preporod" nel quale furono tracciati i criteri guida per l'ortoepia e l'ortografia del moderno croato.

Nei nostri tre paesi si promuovono convegni sulla lingua, ci si attiva per l'insegnamento del croato nelle scuole e quale ultimo impegno in ordine di tempo, ma non certo di importanza, è stata pubblicata questa raccolta di poesie in lingua croato-molisana. L'antica e vetusta, ma non per questo inutile espressione del Neri, risveglia nelle nostre coscienze qualcosa che è immortale:"Non dimenticate la nostra bella lingua". (Nicola Neri, 1761-1799).

Agostina Piccoli